17 FEBBRAIO 2015
L’attentato jihadista di Parigi e i servizi di intelligence
DI Alessandro Orsini

L’attentato jihadista contro il giornale Charlie Ebdo (7 gennaio 2015) ha sollevato tre domande che rivestono il più grande interesse per la sicurezza delle città europee.

La prima domanda: al-Qaeda è radicata in Europa?

La prima domanda è se al-Qaeda abbia coordinato un attentato terroristico complesso e devastante come quello di Parigi da un Paese lontano come lo Yemen.

Se al-Qaeda fosse riuscita a realizzare una simile impresa, la credibilità dei servizi di sicurezza francesi sarebbe gravemente danneggiata, senza considerare le ricadute sulla psicologia dei cittadini europei, i quali potrebbero dire di essere privi di difese contro la violenza jihadista. Per coordinare un attacco terroristico dallo Yemen, al-Qaeda avrebbe dovuto comunicare stabilmente con i terroristi, o facendo uso del telefono e delle email oppure ricorrendo a una “catena umana” di militanti in grado di realizzare un “passaparola” senza sosta.

Sono almeno tre gli elementi che consentono di escludere che al-Qaeda abbia coordinato l’attacco dallo Yemen.

Nel suo video messaggio, Nasser Bel Ali al-Ansi, uno dei capi di al-Qaeda nella Penisola Araba (AQAP), ha rivendicato soltanto l’azione dei fratelli Kouachi, ma non quella di Amedy Coulibalì, il quale, dettaglio importante, si era proclamato militante dell’ISIS e non di al-Qaeda.

Le parole di Nasser Bel Ali al-Ansi chiariscono che i fratelli Kouachi sono stati liberi di organizzare l’attentato in maniera autonoma e hanno scelto come confratello Coulibalì, un militante dell’ISIS, senza chiedere alcuna autorizzazione alla leadership di al-Qaeda:

“Questa Santa battaglia di Parigi – afferma il leader di al-Qaeda nella Penisola Araba – è stata condotta da due eroi dell’Islam, i fratelli Kouachi Cherif e Said. È stato un caso fortunato voluto da Allah che la loro azione abbia coinciso con quella del fratello mujaheddin Coulibalì. Chiediamo ad Allah di accettare tutti loro tra i martiri”[1].

Anche il modo in cui i fratelli Kouachi si sono procurati le armi chiarisce la loro autonomia da al-Qaeda nell’organizzazione della strage.

Se le armi fossero provenute da un “circuito jihadista”, al-Qaeda avrebbe dimostrato di avere un notevole radicamento sul territorio europeo e una grande capacità di aggirare i servizi di intelligence, ma così non è stato perché i fratelli Kouachi non hanno ricevuto le armi da un network di al-Qaeda. I fucili automatici sono stati acquistati da Coulibalì, il quale aveva consegnato seimila euro a un malavitoso − non un terrorista − durante un incontro avvenuto in una stazione dei treni di Bruxelles[2]. Inoltre, Coulibalì si era procurato i soldi per l’acquisto delle armi non da un network jihadista, bensì chiedendo un mutuo a una banca francese[3].

A conferma dell’autonomia con cui hanno operato i fratelli Kouachi, occorre ricordare che uno dei due fratelli aveva ricevuto i ventimila dollari per realizzare l’attentato non nella città di Parigi, bensì nello Yemen, dove si era recato nel 2011. Questo significa che al-Qaeda ha commissionato l’attentato, ma non lo ha coordinato sotto il profilo militare.

La seconda domanda: i servizi segreti sono fallimentari?

La seconda domanda può essere formulata come segue: i servizi di intelligence francesi e quelli europei sono davvero in grado di difenderci dai terroristi?

Per valutare le capacità operative dei servizi di intelligence occorre prendere in considerazione non soltanto gli attentati che i jihadisti hanno messo a segno, ma anche quelli sventati. Ebbene, tra il 2008 e il 2013, vi sono stati 49 “complotti jihadisti” in Europa occidentale, dove per complotto jihadista intendo i “tentativi” di realizzare un attacco terroristico (sia i tentativi riusciti, sia quelli falliti).

Un esempio di complotto jihadista fallito per incapacità dei terroristi è rappresentato dal caso di Mohammed Game, l’ingegnere libico di Bengasi trasferitosi in Italia nel 2003, il quale, intrufolatosi con uno stratagemma nella caserma dei carabinieri “Santa Barbara” di Milano, fece esplodere il pacco che aveva sotto il braccio, mentre pronunciava invocazioni jihadiste. L’ordigno era rudimentale e l’unica vittima fu lo stesso attentatore che perse una mano e rimase gravemente ferito agli occhi (ottobre 2009)[4].

Un caso di complotto jihadista fallito per l’intervento dei servizi di intelligence è rappresentato da una micro-cellula di al-Qaeda che si era radicata nei pressi di Milano e che è stata smantellatta nel 2003 dalla polizia italiana. I membri di questa cellula erano quattro immigrati clandestini provenienti dalla Tunisia: i due fratelli Zied e Zouheir Riabi, Riadh Jelassi e Lazhar Tlili[5].

Nel periodo 2008-2013, i terroristi jihadisti sono riusciti a uccidere soltanto in due casi. Il primo è quello di Mohammed Merah, l’autore della strage di Tolosa, che ha sparato contro alcuni bambini di una scuola ebraica, il 19 marzo 2012, e il secondo è quello di Michael Adebolawe e di Michael Adebolajo che hanno ucciso il soldato Lee Rigby a Londra, il 22 maggio 2013.

Ciò significa che 47 volte su 49, i terroristi non sono riusciti a uccidere o per loro incapacità o perché sono stati arrestati prima che potessero colpire. Questi dati, pubblicati su una delle maggiori riviste scientifiche internazionali specializzate in studi sul terrorismo[6], oltre a mostrare che l’Italia e la Spagna sono tra i Paesi meno colpiti dai complotti jihadisti, forniscono un’immagine piuttosto efficiente dei servizi di sicurezza.

Distribuzione geografica delle congiure jihadiste nell’Europa occidentale 1994-2013

grafico[Petter Nesser, 2014]

Il fatto che la Francia e il Regno Unito siano al vertice della classifica dell’odio jihadista non stupisce, essendo i due paesi dell’Europa occidentale maggiormente coinvolti nella vita politica ed economica dei paesi islamici, oltre a essere quelli più impegnati nei bombardamenti contro i terroristi islamici.

Il dato anomalo è rappresentato dalla Scandinavia che, dopo essere sempre stata in fondo alla classifica, è balzata in vetta. Questo dato è una conseguenza delle vignette su Maometto pubblicate nel settembre 2005 dal quotidiano più diffuso della Danimarca − il “Jyillands-Posten” − che ha scatenato un’ondata di proteste e di rivolte in numerosi paesi a maggioranza musulmana. Da quel momento, la Danimarca è diventata uno dei paesi più odiati dagli integralisti islamici. A conferma di questo odio, è utile ricordare l’attentato suicida contro l’ambasciata della Danimarca a Islamabad, in Pakistan, che ha provocato la morte di 6 persone (2 giugno 2008)[7]. Nella rivendicazione, al-Qaeda affermava di avere voluto vendicare la pubblicazione delle vignette su Maometto da parte di “Jyillands-Posten”[8].

Il 29-30 gennaio 2015, ho avuto uno scambio di email con Petter Nesser, l’autore delle statistiche, al quale ho rivolto alcune domande. Secondo Nesser: “La pubblicazione delle vignette su Maometto sono state senza dubbio la causa scatenante dell’odio jihadista contro la Danimarca, ma i networks jihadisti avevano iniziato a lavorare in Scandinavia, almeno dai primi anni del 2000”, quindi la presenza jihadista in Danimarca – spiega Nesser − si è sviluppata prima che avesse inizio la vicenda delle vignette[9].

Se spostiamo lo sguardo dai paesi dell’Europa occidentale alla Francia, il tema diventa drammaticamente attuale.

Dopo l’attentato di Parigi, i servizi di sicurezza francesi sono stati investiti da critiche impetuose e si è spesso fatto riferimento alla presunta superiorità dei servizi di sicurezza americani rispetto a quelli europei.

Tuttavia, la conoscenza del fenomeno non consente giudizi frettolosi.

I terroristi jihadisti che hanno insanguinato le democrazie occidentali negli ultimi dieci anni erano ben noti alle autorità dei rispettivi paesi.

Il primo caso che vorrei ricordare è quello del maggiore americano Nidal Malik Hasan, di origini palestinesi, condannato alla pena di morte, il quale, il 5 novembre 2009, aprì il fuoco a Fort Hood (Texas), uccidendo 13 colleghi e ferendone 32. Hasan, che era addirittura un ufficiale dell’esercito americano, alcuni mesi prima di realizzare la sua strage, aveva avuto uno scambio di 18 emails con Anwar al-Awlaki − lo stesso teorico di al Qaeda che ha ispirato i terroristi di Parigi − e aveva addirittura aperto un blog in cui esponeva le sue idee radicali[10]. Questo scambio di email, di cui le autorità americane erano informate, è stato ricordato recentemente in un articolo del New York Times[11]. Lo stesso Anwar al-Awlaki, prima di essere ucciso da un drone americano, ha lodato l’atto del maggiore Hasan, confermando di avere avuto uno scambio di email con lui[12].

Merita di essere ricordato anche il caso dei due fratelli Tsarnaev, gli attentatori della maratona di Boston del 15 aprile 2013. Il fratello maggiore, Tamerlan, si era recato nel nord del Caucaso e, al suo rientro, i russi avevano inviato una nota informativa agli americani con cui segnalavano che Tamerlan era una persona da seguire attentamente.

Queste furono le parole inviate dai russi ai colleghi americani dell’FBI nel 2011: “Tamerlan Tsarnaev è un seguace dell’Islam radicale e un fervente credente. Egli ha subito un cambiamento profondo a partire dal 2010 e si accinge a lasciare gli Stati Uniti per aderire a gruppi clandestini non meglio specificati”[13].

Michael Bibeau, il terrorista che il 23 ottobre 2014 ha sparato e ucciso il soldato Nathan Cirillo a Ottawa, era noto alle autorità canadesi per il suo desiderio di andare in Turchia per poi recarsi in Siria e aderire all’ISIS. Consapevoli di ciò, le autorità canadesi gli avevano ritirato il passaporto[14].

Due giorni prima, un altro giovane terrorista, Martin Rouleau, aveva ucciso un soldato canadese investendolo con la sua auto a Saint-Jean-sur-Rihelieu, una cittadina del Quebec. Rouleau, a sua volta ucciso dalla polizia, era stato arrestato nel luglio 2014 con l’accusa di volersi recare in Turchia per poi raggiungere la Siria e arruolarsi nelle fila dello Stato Islamico, ma le autorità canadesi lo avevano rilasciato per insufficienza di prove[15].

Man Haron Monis, l’autoproclamatosi militante dell’ISIS di origini iraniane che ha causato la morte di due uomini nella cioccolateria di Sidney, il 15 dicembre 2014, era noto alle autorità australiane per le sue minacce jihadiste per le quali aveva addirittura ricevuto una condanna[16].

Michael Adebolajo, il terrorista che il 22 maggio 2013 ha ucciso il soldato Lee Rigby a Londra, era noto alle autorità inglesi per le sue idee radicali. Cristiano, si era convertito all’Islam nel 2003 e aveva frequentato il gruppo islamista al-Muhajiroun. Fu arrestato nel 2006, durante una protesta in favore di Mizanur Rahman, un militante islamista attualmente in carcere per avere giustificato le decapitazioni dell’ISIS. Uscito dal carcere, Michael Adebolajo fu arrestato in Kenya, il 20 novembre 2010, dall’unità anti-terrorismo di quel paese, con l’accusa di volersi recare in Somalia per aderire all’organizzazione jihadista al-Shabaab, legata ad al-Qaeda. Fu poi rimpatriato in Inghilterra, dove continuò incontrastato il suo viaggio esistenziale verso il terrorismo islamico[17].

La minaccia jihadista è difficile da fronteggiare, non soltanto per l’intelligence francese, ma per i servizi di intelligence di tutto il mondo.

Stati Uniti compresi.

La terza domanda: che cosa sono le micro-cellule jihadiste?

Le micro-cellule jihadiste, studiate in alcune pregevoli ricerche accademiche[18], sono piccoli gruppi di militanti che, per paura di essere scoperti, scelgono di non fare proselitismo e di condurre la propria esistenza nell’attesa di realizzare un attentato.

Le micro-cellule jihadiste si possono chiamare cellule “usa e getta” perché sono concepite per l’autodistruzione, sin dalla loro nascita. Con poche eccezioni, i loro membri sanno di dover andare incontro alla morte nel momento stesso in cui uccidono i cittadini occidentali. Il loro numero perfetto sembra essere quattro. Gli attentatori contro la metropolitana di Londra erano quattro[19], gli attentatori di Parigi erano quattro (se si considera anche la fidanzata di Coulibalì, poi scappata in Siria), la micro-cellula di al-Qaeda smantellata in Italia nel 2003 era composta da quattro membri. Purtroppo, non abbiamo informazioni certe sul numero dei membri che componevano la cellula jihadista che colpì i treni di Madrid l’11 marzo 2004, provocando 119 morti[20].

Le micro-cellule jihadiste, almeno finora, hanno dimostrato di essere impossibili da infiltrare e difficili da intercettare.

Sono impossibili da infiltrare perché si fondano o su legami familiari o su legami di amicizia profonda. Inoltre, non prevedendo il reclutamento, bensì l’autodistruzione, non devono aprirsi all’esterno. Gli attentati contro la maratona di Boston e l’attentato contro la redazione di Charlie Ebdo sono stati entrambi organizzati da due coppie di fratelli. Anche la cellula jihadista smantellata in Italia era basata sul legame tra i due fratelli Zied e Zouheir Riabi.

Le micro-cellule jihadiste sono difficili da intercettare telefonicamente perché i suoi membri, vivendo in un microcosmo relazionale, condividono gli stessi appartamenti, le stesse stanze, le stesse piazze, per cui possono comunicare tra loro durante l’interazione quotidiana basata sul rapporto “faccia a faccia”, senza fare un uso eccessivo dei telefoni o del “passaparola” basato su una lunga catena di amicizie, più facilmente infiltrabile.

Tuttavia, le micro-cellule jihadiste hanno almeno una caratteristica che le rende riconoscibili, anche se questo non sempre accade. Si tratta di ciò che, nei miei studi sulla vita quotidiana dei terroristi, ho chiamato “ossessione per la purezza”. Quando i militanti jihadisti prendono la decisione di seguire la strada del martirio, entrano in una dimensione spirituale di avvicinamento a Dio e questo li porta a recidere ogni contatto con i cittadini occidentali. Nel linguaggio dei militanti jihadisti, le donne e gli uomini occidentali sono “creature mostruose”, con cui non bisogna avere alcun tipo di contatto per non allontanarsi dalla via della purezza spirituale.

Anche se al-Qaeda, in un documento intitolato “The al-Qaeda Handbook”, oggi scaricabile dal sito del Dipartimento di Stato americano con una nota introduttiva[21], ha cercato di mettere in guardia i suoi militanti da questa forma di comportamento che può suscitare sospetti, sembra che l’ossessione per la purezza continui a produrre le stesse forme di auto-esclusione da parte di un certo numero di militanti.

In questo importante documento, che fu trovato dalla polizia inglese nel 2000 nella casa di Abu Anas al-Libi − il militante islamista accusato di avere partecipato all’organizzazione degli attentati contro le ambasciate americane nel 1998 − è scritto che i militanti devono “evitare forme di isolamento e di esclusione dalla popolazione circostante e astenersi dal tornare a casa in orari sospetti”[22].

I fratelli Kouachi sono riusciti ad applicare questa regola con straordinaria abilità. Dopo che uno dei due fratelli si era recato nello Yemen nel 2011, la polizia americana aveva allertato la polizia francese, che aveva seguito i due fratelli per tre anni, senza notare alcun comportamento sospetto, al punto che fu presa la decisione di abbandonare i pedinamenti[23].

In altri casi, invece, questa regola non viene rispettata.

Gli studi condotti sui quattro ragazzi che costituivano la micro-cellula jihadista smantellata in Italia nel 2003 ci aiutano a comprendere molto bene che cosa sia l’ossessione per la purezza.

Il tunisino Zouheir Riabi, il leader carismatico della cellula, era uno spacciatore di droga che operava a Milano. In seguito a un evento drammatico che sconvolse la sua esistenza (la notizia della morte della sorella), iniziò a frequentare la moschea di Milano, dove rimase affascinato dalla predicazione violenta del suo Imam. Nel volgere di poco tempo, diventò un militante di al-Qaeda e impose ai tre ragazzi con cui condivideva l’appartamento, tra cui il fratello Riadh, una serie di regole che, a suo dire, avrebbero dovuto assicurare la loro purezza spirituale. La prima di queste regole vietava ogni forma di contatto con gli italiani, che non potevano nemmeno essere salutati[24].

D’altra parte, l’idea che i cittadini occidentali e gli ebrei siano creature mostruose si trova in tutti i documenti di al-Qaeda.

Nella “Lettera agli americani” di Osama Bin Laden, diffusa nel 2002, l’Occidente è concepito come una civiltà fondata sulla “fornicazione, l’omosessualità, gli alcolici, il gioco d’azzardo e il commercio per interesse”. “Voi siete la peggiore civiltà di cui la storia dell’umanità sia testimone”, “l’AIDS è un’invenzione satanica dell’America”, “avete distrutto la natura”, “gli ebrei controllano la vostra politica, il vostro sistema di informazione e la vostra economia”, “chi può dimenticare gli atti immorali del vostro Presidente Clinton nella sala Ovale?”. “Voi siete una nazione che sfrutta le donne come prodotti di consumo”[25].

In questa lettera, che forse è il documento più importante per ricostruire la filosofia del terrore di al-Qaeda, Bin Laden afferma che tutti cittadini americani sono esseri moralmente corrotti perché, essendo liberi di scegliere i loro governanti attraverso le elezioni, sono responsabili della politica estera dei loro governi. Questa è la ragione per cui è doveroso ucciderli.

La conclusione logica di questa filosofia politica si trova nella pagine del già citato “Al-Qaeda Handbook”:

“Lo scontro che noi invochiamo contro i regimi apostati non conosce dibattiti socratici, ideali platonici, o diplomazia aristotelica. Conosce il dialogo dei proiettili, gli ideali dell’assassinio, delle bombe, della distruzione, e la diplomazia del mitragliatore”.

[1] Il video integrale della rivendicazione di Nasser Bel Ali al-Ansi si può vedere al seguente link: https://www.youtube.com/watch?v=MQ0Ohvxgm8k

[2] Lo stesso malavitoso, dopo l’attentato di Parigi, si è costituito, affermando di non sapere quali fossero le intenzioni di Coulibalì.

[3] Shlomo Papirblat, Belgian Arms Dealer Confesses to Supplying Paris Attackers, “Haaretz”, January 30, 2015.

[4] Lorenzo Vidino, Il Jihadismo Autoctono in Italia. Nascita, Sviluppo e Dinamiche di radicalizzazione, Milano: ISPI-Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, 2014, p. 43.

[5] Lorenzo Vidino, The Buccinasco Pentiti: A Unique Case Study of Radicalization, “Terrorism and Political Violence”, 3/2011, 398-418.

[6] Petter Nesser, Toward an Increasingly Heterogeneous Threat: A Chronology of Jihadist Terrorism in Europe 2008–2013, “Studies in Conflict & Terrorism”, 5/2014, pp. 440-456.

[7] Jane Perlez, Embassy Attack in Pakistan Kills at Least 6, “The New York Times”, June 2, 2008.

[8] Souad Mekhennet and Alan Cowell, Qaeda Group Says It Bombed Embassy, “The New York Times”, June 6, 2008.

[9] Lettera di Petter Nesser ad Alessandro Orsini, January 30, 2015.

[10] David Johnston, U.S. Knew of Suspect’s Tie to Radical Cleric, “The New York Times”, November 9, 2009.

[11] Manny Fernandez and Alan Blinder, At Fort Hood, Wrestling With Label of Terrorism, “The New York Times”, April 8, 2014.

[12] Sudarsan Raghavan, Cleric Says He Was Confidant to Hasan, “The Washington Post”, November 16, 2009.

[13] Michael S. Schmidt and Eric Schmitt, Russia Didn’t Share All Details on Boston Bombing Suspect, Report Says, “The New York Times”, April 9, 2014.

[14] Michael Wines and William Yardley, Ottawa Gunman’s Radicalism Deepened As Life Crumbled, “The New York Times”, October 24, 2014.

[15] Ian Austen, Hit-and-Run That Killed Canadian Soldier Is Called Terrorist Attack, “The New York Times”, October 21, 2014.

[16] Thoma Fuller and Michelle Innis, Australian Government Faces Questions Over Sidney Gunman, “The New York Times”, December 17, 2014.

[17] Vikram Dodd and Daniel Howden, Woolwich Murder: What Drove Two Men To Kill a Soldier in the Street?, “The Guardian”, December 19, 2013.

[18] Javier Jordan, Fernando M. Mañas & Nicola Horsburgh, Strengths and Weaknesses of Grassroot Jihadist Networks: The Madrid Bombings, “Studies in Conflict & Terrorism”, 1/2008, pp. 17-39.

[19] Aidan Kirby, The London Bombers as “Self-Starters”: A Case Study in Indigenous Radicalization and the Emergence of Autonomous Cliques, “Studies in Conflict & Terrorism”, 5/2007, p. 416.

[20] Miguel-Anxo Murado, Madrid Bombings, 10 Years On, “The Guardian”, March 11, 2014; Tom Burridge, Spain Remembers Madrid Train Bombings 10 Years On, “BBC News Europe”, March 11, 2014.

[21] Il Dipartimento di Stato Americano ha pubblicato una sintesi del contenuto di questo importante documento trovato nella casa di Abu Anas al-Libi che può essere consultato al seguente link: http://www.defense.gov/news/newsarticle.aspx?id=16270

[22] “The al-Qaeda Handbook”, p. 27.

[23] Rukmini Callimachi and Jim Yardley, From Amateurs to Ruthless Jihadist in France, “The New York Times”, January 17, 2015.

[24] Lorenzo Vidino, The Buccinasco Pentiti: A Unique Case Study of Radicalization, cit., p. 401.

[25] Il testo integrale di questa lettera di Bin Laden è disponibile al seguente link:http://www.theguardian.com/world/2002/nov/24/theobserver