14 FEBBRAIO 2015
Reclutamento ISIS in Afghanistan
DI Francesca Manenti

Le recenti indiscrezioni sull’inizio dell’attività di reclutamento da parte dello Stato Islamico in Afghanistan hanno fatto sorgere la preoccupazione da parte delle autorità di Kabul circa la nascita di una nuova realtà militante nel Paese. Secondo fonti militari afghane, infatti, a partire dallo scorso gennaio sarebbe in corso un’intesa campagna propagandistica da parte del gruppo dell’autoproclamato califfo Abu Bakr al Baghdadi, fino ad ora portata avanti a macchia di leopardo sia nella regione meridionale dell’Helmand sia nei distretti di Bakwah, di Pusht-e-Rod e di Khak-e-Safayd, nella provincia di Farah.

Responsabile del reclutamento sarebbe Mullah Abdul Rauf, ex detenuto di Guantanamo e presunto ex comandante militare ad Herat durante il governo dei talebani, tra il 1996 e il 2001. Benché la ricostruzione della sua carriera rimanga tutt’oggi piuttosto lacunosa, sembra che Rauf non solo abbia ricoperto posizioni di potere ma abbia avuto legami personali con esponenti di alto livello all’interno dell’insorgenza. Tra questi, Mohammad Fazl, ex Capo di Stato Maggiore della Difesa talebano, e Abdul Qayoum Zakir, comandante militare responsabile per le operazioni contro le Forze di sicurezza internazionali nel sud dell’Afghanistan. Tuttavia, il suo ruolo all’interno della leadership talebana resta piuttosto controverso. Negli ultimi anni, infatti, la progressiva estromissione della sua cerchia di riferimento dalle posizioni apicali dell’organizzazione talebana avrebbe portato Rauf ad una rottura con la Shura di Quetta (la rappresentanza politica dell’insorgenza, verosimilmente rifugiatasi in Pakistan dopo il 2001) e, conseguentemente, ad un allontanamento del capo talebano dall’agenda da essa dettata.

La presunta adesione allo Stato Islamico e il tentativo di dar vita ad una nuova cellula ad esso afferente in Afghanistan, dunque, potrebbero rispondere alla volontà di Rauf di ritagliarsi un nuovo ruolo all’interno della militanza nel Paese. Tuttavia, uno dei principali ostacoli a tale progetto potrebbe derivare non tanto dall’azione delle Forze di sicurezza nazionali quanto proprio dall’ opposizione dei leader talebani, i quali potrebbero guardare all’espansione dello Stato Islamico in Afghanistan come ad una minaccia per la ricostituzione di un Emirato Islamico autonomo e indipendente. In un momento in cui i successi operativi contro le Forze Armate afghane rende la militanza pienamente consapevole della propria forza, appare alquanto improbabile che la leadership talebana conceda alcuno spazio per la nascita di nuove realtà, potenzialmente concorrenziali, nel Paese, soprattutto nelle aree in cui Rauf sta concentrando il reclutamento. Sia l’area dell’Helmand sia i sopracitati distretti della provincia di Farah, infatti, sono storiche enclave dell’insorgenza, in cui la composizione etnica della popolazione (a maggioranza pashtun) e le usanze sociali (basate sul rispetto di rigidi codici tribali) da sempre formano un ambiente particolarmente sensibile alla retorica talebana. Questi territori, inoltre, rappresentano un’importante fonte di finanziamento per l’insorgenza, che controlla sia la produzione di oppio (soprattutto nel distretto di Sangin, nell’Helmand), sia i traffici illeciti in transito sulle poche vie di comunicazione percorribili.

Al momento, dunque, l’attività di reclutamento di Rauf non trova terreno particolarmente fertile tra le realtà tribali afghane. Tuttavia, la nuova cellula di IS potrebbe avere un prezioso bacino di reclutamento tra le comunità di giovani immigrati che, negli ultimi mesi, sono giunti in Afghanistan dalle vicine Aree Tribali pakistane, per sfuggire ai raid aerei compiuti sia dalle Forze di Islamabad sia dagli Stati Uniti su questi territori, roccaforti dell’insorgenza talebana pakistana e luoghi di rifugio per cellule jihadiste. Sarebbero circa 150, infatti, le famiglie, molte delle quali non pakistane ma di origine araba o centro-asiatica, che hanno trovato rifugio in Afghanistan, soprattutto nelle province centro meridionali di Ghazni e Zabul e ad ovest, nella provincia di Farah.

Il pericolo più imminente derivante dal tentativo di istituire una cellula del gruppo di al-Bagdhadi in Afghanistan, dunque, potrebbe rivelarsi la nascita di una rivalità tra le due anime dell’insorgenza, quella talebana e quella eventualmente legata allo Stato Islamico, che si tradurrebbe in un inevitabile acutizzarsi dell’instabilità interna. Primi scontri tra miliziani delle due parti sarebbero già scoppiati all’inizio di gennaio nel distretto di Sangin, causando la morte di circa venti persone.