13 FEBBRAIO 2015
Al Qaeda contro lo Stato Islamico? La sfida nel Sahel
DI Valeria Rosato

Lo Stato Islamico s’insinua nel Sahel: la nascita dei ‘Soldati del Califfato’ in Algeria

Il 22 settembre del 2014 si diffonde l’annuncio dell’ennesimo rapimento di un ostaggio occidentale da parte del Califfato Islamico di Iraq e Syria. Ma questa volta a rivendicare il rapimento è una nuova formazione terroristica denominata Djound Al-Khilafa (Soldats du Califat), nata da pochi mesi da una scissione di Al Qaeda dans le Maghreb Islamique (AQIM), il principale gruppo affiliato ad Al Qaeda attivo da anni nella regione africana del Sahel.
Il nuovo gruppo terrorista marca subito la sua entrata in scena con il rapimento di un cittadino francese, Hervé Gourdel, e la diffusione di un video in cui i rapitori affermano di rispondere alla chiamata del portavoce dello Stato Islamico in Iraq e nel Levante (ISIL) Abu Muhammad al-Adnani e minacciano l’uccisione dell’ostaggio, concedendo alla Francia un ultimatum di 24 ore per bloccare i bombardamenti contro il Califfato. Dopo soli due giorni, il 24 settembre, viene diffuso il video della decapitazione dell’ostaggio francese, in pieno stile IS.
Ma chi è questa nuova formazione terroristica che si aggiunge alla galassia dell’emergente Califfato Islamico? Quali sono le sue origini e i rapporti con i più radicati gruppi islamisti, in particolare qaedisti, da anni attivi nel Sahel? Come si presenta l’attuale scenario saheliano?
Djound Al-Khilafa en Algerie (Soldati del Califfato in Algeria), capeggiato da Abdelmalek El Gouri (alias Khaled Abou Souleiman), il 13 settembre del 2014 annuncia la sua nascita e la sua alleanza con Abu Bakr al-Baghdadi, Califfo dell’autoproclamato Stato Islamico. Fin dal mese di luglio 2014 iniziano a pervenire notizie (quotidiano algerino El Khabar) circa i contrasti sorti al vertice di AQIM, tensioni dovute alla scelta del leader Abdelmalek Droukdel di rinnovare fermamente la sua alleanza con il leader di Al Qaeda al-Zawahiri e di non riconoscere l’autoproclamato “Califfato nel Levante”. La comunicazione pubblica del leader del 14 luglio 2014 sancisce ufficialmente l’inevitabile scissione.
La nascita e il rafforzamento di gruppi fedeli allo Stato Islamico provenienti dai ranghi di AQIM si presenta oggi come la principale sfida alla compattezza della galassia qaedista nell’area saheliana. Questa vasta regione del continente africano tende sempre più a configurarsi come un ulteriore e cruciale terreno di scontro tra la vecchia guardia fedele ad Al Qaeda e il rampante Stato Islamico. La compattezza dei gruppi qaedisti attivi nell’area negli ultimi anni era già stata messa a dura prova dalle tensioni sorte in seno alla leadership di AQIM che avevano portato alla nascita di nuove formazioni come il Mouvement pour l’unicité et le jihad en Afrique de l’Ouest (MUJAO) e La Brigade des Signataires par le sang. Come andremo a vedere però, queste precedenti scissioni si sono configurate più come un processo di ‘frammentazione controllata’ piuttosto che come un vero e proprio processo di rottura. I rapporti tra i diversi gruppi hanno subito un andamento altalenante, alternando fasi di distacco con fasi di alleanza e cooperazione, non arrivando mai fino in fondo a mettere in discussione il comune obiettivo di portare avanti la lotta jihadista contro i principali nemici della regione: il governo algerino e la Francia.

Le origini di Al Qaeda nel Sahel

Il 24 gennaio del 2007 nasce ufficialmente AQIM, la nuova formazione terroristica frutto dell’alleanza tra la base centrale di Al Qaeda capeggiata da Osama bin Laden e Ayman al-Zawahiri e il Groupe Salafiste pour la Prédication et le Combat (GSPC), formazione terroristica algerina fondata nel settembre del 1998 e originatasi da una scissone all’interno del movimento di resistenza armata GIA (Groupe Islamiste Armè) attivo in Algeria dal 1992.
Al-Qaida nel Maghreb islamico (AQIM), attivo in un’ampia area del Sahel già dal 2006, a partire dal 2007 inizia a portare avanti diverse azioni terroristiche tra cui una serie di rapimenti di cittadini occidentali. Le figure principali di questa formazione sono Abdelhamid Abou Zeid, ucciso il 22 febbraio del 2013 durante un violento scontro nella regione dell’Ifoghas nel Nord del Mali tra il gruppo islamista e le forze armate francesi e ciadiane, Abdelmalek Droukdel (alias Abou Moussaab Abdelouadoud) e Yahya Abou El-Hamame, nominato “emiro del Sahara e del Sahel” dopo la destituzione di Mokhtar Belmoktar.

La nascita del nuovo gruppo salafita nordafricano sotto il marchio qaedista sancisce una svolta sia dal punto di vista ideologico che organizzativo: si apre al jihad globale e allarga sempre più la sua sfera d’azione nel vicino Sahel, in particolare nei confinanti Mali, Mauritania, Ciad e Niger. La sua adesione al marchio “Al Qaeda” ha comportato, infatti, un’evoluzione del gruppo soprattutto per quanto concerne le tattiche terroriste come l’uso di auto-bombe, degli attentati suicidi, la scelta di obiettivi simbolici con maggior impatto anche a livello di entità di danno. È stata importata anche la modalità comunicativa. La scelta dei mezzi − sempre più incentrata sulla divulgazione dei video via internet − il contenuto dei messaggi − attraverso l’uso di musiche e di citazioni coraniche – la registrazione delle immagini dei colpi inferti ai nemici, sono tutte scelte che risentono dell’influenza di al-Qaeda. Anche il salto di qualità mostrato attraverso i rapimenti di numerosi cittadini occidentali, e l’abilità nell’ottenere ingenti riscatti, sembrerebbero derivare da questo nuovo slancio, sia a livello ideologico sia organizzativo, derivante dalla rinvigorita ideologia pan-islamista.

A questo legame con al-Qaeda, fa da contraltare però una predilezione per la difesa di interessi di tipo localistico. A un iniziale approccio globale, almeno a livello propagandistico, è subentrata una più concreta strategia di difesa di obiettivi regionali. Il gruppo presentava delle differenziazioni interne che sono poi sfociate in vere e proprie scissioni.
Come ho potuto notare attraverso un’analisi che ho condotto della propaganda del gruppo terroristico, l’attenzione si concentra, fin dai primi comunicati pubblici, non tanto sulla lotta jihadista senza confini, come da direttive della casa madre araba, ma contro i nemici ‘vicini’, ossia tutti coloro che ledono direttamente i suoi interessi nell’area. La retorica di AQIM, e anche il relativo raggio di azione, continua a rivolgersi prevalentemente verso il governo algerino e verso la Francia, in particolare dopo la scelta del governo francese di intervenire militarmente in Mali; mentre sempre meno spazio e minor enfasi è stata data sia alla figura di Osama Bin Laden sia agli Stati Uniti che al-Qaeda descrive come il principale leader della cospirazione crociata-sionista.

La galassia qaedista nel Sahel: tra crisi e alleanze fluide

Fin dalla nascita di AQIM, si sono palesati approcci differenti all’interno della stessa leadership, in particolare, all’interno del teatro operativo meridionale, la figura di Mokhtar Belmokhtar ha segnato un’impostazione ideologicamente meno vincolata alla causa islamista − in contrasto con la linea di altri leader come Abdelmalek Droukdel e Yahia Abu Amar Abid Hammadou (Abu Zeid) − e maggiormente coinvolta in traffici illeciti di ogni tipo.
La compattezza del gruppo qaedista viene messa in discussione ufficialmente con la nascita improvvisa, nell’ottobre 2011, di un nuovo movimento, il Movimento per l’unicità del jihad nell’Africa Occidentale (MUJAO), capeggiato da Hamada Ould Mohamed Kheirou. Questo gruppo dissidente, fondato dal mauritano Hamada Ould Mohamed Kheirou (alias Abou Ghoum-Ghoum), è composto prevalentemente da maliani e mauritani e ha la sua roccaforte nel Nord del Mali. Appare per prima volta nel dicembre 2011, quando mette a segno il rapimento di tre cooperanti nel deserto algerino (tra cui l’italiana Rossella Urru). Nel giugno 2012 il gruppo si è reso protagonista di violenti scontri con il movimento Tuareg dell’MNLA (Movimento Nazionale di Liberazione dell’Azawad), riuscendo a conquistare il controllo della città di Gao pochi mesi dopo l’auto-proclamazione di indipendenza della regione dell’Azawad da parte del gruppo irredentista Tuareg il 6 aprile 2012.

La nuova formazione annuncia pubblicamente la sua defezione dal dominante affiliato regionale di Al Qaeda in ragione del suo atteggiamento discriminatorio verso i suoi membri neri africani e si presenta come un gruppo di ‘giovani combattenti neri’ che lottano per imporre la sharia nell’intera regione dell’Africa occidentale. Rispetto ad AQIM, il nuovo gruppo esalta la sua identità africana, marcando, nei suoi comunicati, il riferimento a figure storiche dell’Islam africano occidentale che hanno dato un contributo valoroso alla lotta anticoloniale. L’interpretazione più plausibile sull’improvvisa nascita del nuovo gruppo è quella di una lotta intestina per il potere legata principalmente alla gestione di attività criminali che ha al centro la figura ambigua e camaleontica del già citato Belmoktar. Quest’ultima ipotesi è, infatti, confermata dalla nascita, nel dicembre del 2012, di un altro gruppo scissionista, capeggiato proprio da Moktar Belmoktar, denominatosi Signataires par le sang. La scissione da AQIM pare sia il frutto di divergenze strategiche e ideologiche. Il suo leader vanta una lunga carriera di combattente e leader jihadista a partire dalla guerra in Afghanistan negli anni Ottanta, passando per il GIA (Groupe islamique armé), il GSPC (Groupe salafiste pour la prédication et le combate) e infine per AQIM. Ma l’elemento interessante da sottolineare è che, nonostante queste tensioni e divergenze, già a partire dall’estate del 2013, si è iniziato a delineare un ‘riavvicinamento’ con le altre fazioni, in particolare con il MUJAO attraverso la nascita di un unico soggetto denominato El-Morabitoune. La notizia dell’avvenuta fusione sarebbe pervenuta all’agenzia mauritana ANI (Agence Nouakchott d’Information) il 22 agosto 2013 attraverso un comunicato dello stesso Belmokthar, in cui viene confermata anche l’alleanza del nuovo gruppo con AQIM.

Fasi e sviluppo del ‘fronte qaedista’ saheliano

L’elemento caratterizzante che emerge da questa breve panoramica della galassia qaedista nel Sahel è l’andamento fluido che negli ultimi anni, in un arco di tempo abbastanza ristretto, ha visto l’alternarsi di fasi di frammentazione tra tendenze globaliste e localiste e segnali di ricompattamento. Partendo dalla nascita di AQIM, che segna l’ingresso del Sahel nella sfera d’azione jihadista, fino alla prima metà del 2014, sono individuabili tre fasi che ci aiutano a sintetizzare le dinamiche tra i diversi gruppi e ad ipotizzare un possibile scenario futuro .
La prima fase, che va dal 2006 al 2010 circa, è la fase di ‘lancio’ della lotta qaedista nel Sahel tramite l’acquisizione del marchio ‘Al Qaeda’ da parte del gruppo salafita algerino. Il neonato AQIM si caratterizza per l’adesione alla retorica del jihad globale e apporta effettivi cambiamenti strategici: attacchi suicidi, allargamento del raggio d’azione oltre i confini algerini nei confinanti paesi saheliani, uso di nuovi canali di comunicazione come video, internet ecc.

Nella seconda fase (2011-2012), che potremmo definire ‘centrifuga’, si assiste a una sorta di frammentazione del movimento islamista con tensioni tra approcci localisti e globalisti che sfociano in scissioni e nascita di nuove formazioni. Il contesto è destabilizzato dalla guerra in Libia e dalla conseguente attivazione del movimento indipendentista Tuareg in Mali e dal successivo colpo di Stato nel marzo 2012.
La terza fase, che va dal 2013 alla prima metà del 2014, potrebbe essere definita ‘centripeta’ dal momento che l’intervento militare francese in Mali (nel gennaio 2013 inizia l’Operazione Serval con l’impiego di una forza multinazionale su mandato delle Nazioni Unite) pare aver contribuito a dare un nuovo impulso all’unione e al rinvigorimento del movimento terrorista islamista contro la Francia, uno dei nemici storici della lotta jihadista algerina. Segnali che confermano questa tendenza sono l’efficace coordinamento tra i vari gruppi per azioni terroristiche come quello del 23 maggio 2013 con il doppio attentato suicida nella base militare di Agadez in Niger contro l’esercito nigeriano e quello, quasi simultaneo, presso la miniera di uranio di Somair. Si tratta di azioni principalmente contro obiettivi francesi, presenti nell’area per proteggere il sito nucleare francese dell’AREVA. Tale tendenza al ricompattamento tra i gruppi è confermata e testimoniata, come già detto, dalla fusione tra il gruppo scissionista di Belmokhtar, Les Signataires par le sang (Coloro che firmano col sangue) e il MUJAO, e con la nascita della nuova formazione denominata El-Morabitoune.

Al Qaeda versus Stato Islamico: una sfida aperta

È chiaro che oggi siamo entrati in una nuova fase, in particolare a partire dalla seconda metà del 2014 con la scissione di AQIM e la nascita di Djound Al-Khilafa, che ci consegna uno scenario della regione africana maggiormente incerto e instabile. La lotta intestina tra le due anime dello jihadismo mondiale, già palese in contesti come quello siriano, iracheno, yemenita, libico e non solo, sta avendo inevitabilmente le sue ripercussioni anche nel Sahel, roccaforte dello storico movimento salafita algerino, rendendo difficile una previsione nell’immediato futuro sui rapporti e il destino dei vari gruppi terroristici.
Alcuni elementi possono però aiutarci ad avere un quadro più chiaro della situazione attuale. In particolare, una serie di recenti attentati terroristici messi a segno contro basi militari della missione di peacekeeping MINUSMA ci confermano la tenuta del ‘fronte qaedista’. Solo per citarne alcuni, segnaliamo l’attacco il 31 ottobre 2014 contro una base nel Niger rivendicato da MUJAO in cui muoiono nove peaceakeepers, e il più recente attacco del 5 gennaio 2015 alla base militare di Nampala (Mali) rivendicato da AQIM, dove hanno perso la vita otto caschi blu delle Nazioni Unite.

Questi ultimi avvenimenti sembrerebbero confermare che, a oggi, il livello di organizzazione, la forza e la determinazione dell’alleanza qaedista non sono stati scalfiti dalla sfida lanciata dall’IS e che la priorità della leadership di AQIM e degli altri gruppi alleati continua a essere la guerra con i cosiddetti ‘amici vicini’, in particolare la guerra contro la Francia nel Nord del Mali, confermando, ancora una volta, un approccio maggiormente ‘localista’.
Il tentativo della leadership dell’IS di mettere le basi per la creazione di uno Stato Islamico nel Maghreb e allargare così il suo controllo nella regione del Sahel è ormai una realtà, ma l’esito è alquanto incerto. Tutto dipenderà, non solo dall’evoluzione della contrapposizione delle due anime del qaedismo mondiale, ma soprattutto dalla tenuta dell’eterogeneo ‘fronte qaedista’ saheliano. La figura del nemico esterno, come si sa, può produrre due effetti antitetici: o favorire l’unione e la collaborazione interna oppure sfaldare definitivamente il gruppo. Di fronte a questa incognita una cosa però rimane certa: in entrambi i casi, il Sahel, nell’immediato futuro, continuerà a costituire una delle principali emergenze nella lotta contro il terrorismo internazionale.