21 DICEMBRE 2017
I primi attacchi di matrice jihadista in Mozambico
DI Marco Di Liddo e Elisa Sguaitamatti

Lo scorso ottobre, il Mozambico è stato interessato, per la prima volta nella sua storia, da una serie di attacchi coordinati da parte di al-Shabaab, gruppo jihadista che, con molta probabilità, si ispira all’omonimo movimento terrorista attivo in Somalia. Sinora, il Paese era stato immune a simili episodi di violenza politica ispirati da un’ideologia di matrice religiosa. Nello specifico, gli attacchi sono stati perpetrati nel mese di ottobre nella provincia di Cabo Delgado che, ribattezzata “la nuova Eldorado” in virtù della sua abbondanza di rubini e di giacimenti di gas naturale, ha assunto una rilevanza strategica per le attività commerciali nella zona costiera che affaccia sull’Oceano Indiano. Il primo episodio si è verificato il 5 ottobre, quando circa 30 uomini armati hanno preso d’assalto tre stazioni di polizia nella piccola città di Mocímboa da Praia (Cabo Delgado), a 30 km dal confine con la Tanzania. Il bilancio finale è stato 18 morti (2 ufficiali della polizia e 16 miliziani) e altrettanti feriti. La polizia locale è riuscita a riprendere controllo della città solo dopo aver ricevuto l’appoggio di un gruppo di forze speciali provenienti da Pemba. Il secondo episodio riguarda gli attacchi del 21 ottobre, quando alcuni membri dello stesso gruppo hanno attaccato le forze governative nel piccolo villaggio di pescatori di Maluku. Ulteriori scontri sono avvenuti la notte del 22 ottobre nel villaggio rurale di Columbe, a soli 16 km dalle installazioni della compagnia petrolifera texana Anadarko.

Nei giorni successivi agli attacchi, la Polizia ha lanciato una vasta operazione che ha condotto al sequestro di massicci quantitativi di armi (AK 47, mitragliatori, munizioni e materiale esplosivo) e dell’arresto di 112 persone, inclusi i miliziani responsabili degli attentati ed alcuni esponenti della ampia rete di facilitatori che ha offerto loro protezione o supporto logistico.

Il gruppo al-Shabaab mozambicano è stato fondato nel 2014 da alcuni giovani musulmani nella città di Mocímboa da Praia, nella regione di Cabo Delgado. Nato inizialmente come semplice setta religiosa di ispirazione wahabita, nei tre anni successivi alla sua creazione il gruppo ha intensificato le proprie attività politiche, inizialmente condannando l’autoreferenzialità, il nepotismo e la corruzione del governo centrale e successivamente invitando la popolazione locale alla disobbedienza civile. Tale attivismo ha assunto, nell’ultimo biennio, forme ancor più radicali e violente quali la richiesta di imposizione della Sharia e di divieto di vendita di alcolici, il rifiuto di classi miste nelle scuole, il contrasto all’insegnamento laico. Inizialmente confinata nei sobborghi di Mocimboa da Praia, la propaganda di al-Shabaab ha ottenuto un significativo incremento dopo l’assunzione del controllo di due moschee e l’avvio di iniziative a sfondo caritatevole e assistenziale che hanno garantito l’incremento del supporto popolare. La parabola evolutiva del movimento ha raggiunto il suo momentaneo apice eversivo quando i suoi membri hanno avviato attacchi contro i simboli del potere dello Stato e contro esponenti non-musulmani delle comunità locali. In questo senso, appare evidente come il meccanismo di sviluppo di al-Shabaab e le sue iniziative ricalchino, per numerosi aspetti, quelli di Boko Haram in Nigeria.  Dunque, gli attacchi del mese di ottobre potrebbero essere sintomatici della definitiva trasformazione di al-Shabaab da setta ad organizzazione armata pronta a lanciare una ampia campagna di guerriglia contro lo Stato o contro i cittadini e le imprese straniere. Riguardo i possibili contatti tra il movimento jihadista mozambicano e il network regionale africano, al momento non ci sono elementi concreti in grado di dimostrare eventuali relazioni strutturate. Tuttavia, la prossimità geografica della Tanzania, Paese noto per l’infiltrazione di miliziani appartenenti alla rete dell’al-Shabaab somalo e il nome scelto dai miliziani mozambicani per la loro organizzazione aprono alla possibilità, per il momento teorica, di una qualche forma di comunicazione tra l’universo terroristico del Corno d’Africa e la militanza locale. In ogni caso, anche se questi contatti non dovessero essere già stabiliti, nulla esclude che l’eventuale crescita di al-Shabaab non attiri l’attenzione delle reti jihadiste internazionali quali al-Qaeda e lo Stato Islamico, interessate ad espandere la propria influenza in una “terra vergine” come l’Africa meridionale. 

La nascita e lo sviluppo di al-Shabaab appare strettamente connesso alle caratteristiche e alle vulnerabilità sociali, religiose ed economiche del Mozambico e, in generale, della regione di Cabo Delgado. I musulmani mozambicani rappresentano circa il 20% della popolazione e occupano l’area settentrionale costiera storicamente conosciuta per la pacifica convivenza inter-religiosa. Al suo interno, la comunità musulmana è divisa in una corrente maggioritaria che segue il sufismo e una corrente minoritaria ultra-conservatrice wahhabita. Quest’ultima ha cominciato a consolidarsi negli anni 2000, con il ritorno dall’Arabia Saudita di molti laureati in scuole religiose, e ha promosso una visione estremamente rigorista e più conservatrice di Islam.

Comunque, anche all’interno della corrente wahhabita, alcune controversie circa l’atteggiamento di collaborazione o di opposizione da assumere nei confronti dello Stato, hanno generato frizioni e fratture che hanno frammentato la comunità islamica sunnita. Di conseguenza, ad oggi si possono individuare gruppi wahhabiti ufficiali e gruppi non ufficiali anti-establishment. In particolare, il Consiglio Islamico è la principale organizzazione a livello nazionale, creata nel 1975 e cresciuta in collaborazione con le autorità statali e organizzazioni non governative. Invece, Ahl al Sunna è uno dei gruppi non ufficialmente riconosciuti e che usufruisce di un ampio supporto presso le fasce meno abbienti della popolazione, grazie alle sue attività caritatevoli e alla sua retorica anti-governativa. L’attività di Ahl al Sunna e quella di al-Shabaab a Cabo Delgado sono state indubbiamente favorite dal sottosviluppo economico delle aree rurali, reso ancor più acuto e mal sopportato dal progressivo fiorire dell’industria energetica, dalla proliferazione della criminalità organizzata legata al contrabbando e dall’irrisolta questione dei diritti di proprietà della terra in un Paese in cui il settore agricolo rimane la fonte principale di sostentamento. Questi fattori, insieme ad alti tassi di povertà e disoccupazione, hanno contribuito ad alimentare un senso di emarginazione nella popolazione locale a maggioranza musulmana che appare sempre più vulnerabile ed esposta al messaggio di individui inclini all’estremismo violento.

In conclusione, i primi attacchi islamisti in Mozambico rappresentano un campanello d’allarme e un atto di ribellione compiuto da miliziani autoctoni che chiedono risposte a questioni quasi esclusivamente locali. Il problema reale rimane il deterioramento delle condizioni socio-economiche delle province settentrionali come Cabo Delgado. Infatti, nonostante l’abbondanza di gas naturale abbia attratto le multinazionali internazionali, la popolazione locale è stata esclusa dai benefici della prosperità prodotta a causa di decenni di politiche di centralizzazione del potere e di distribuzione non omogenea delle risorse che ha creato forti polarizzazioni e asimmetrie regionali in diversi ambiti (istruzione, lavoro, sanità). Di conseguenza, questa situazione ha finito per creare sacche di sottosviluppo, povertà ed emarginazione nel Nord, mentre Maputo e il Sud sono divenuti il cuore pulsante del Paese. Se il crescente divario politico ed economico continuerà ad essere ignorato da parte di FRELIMO e dell’élite di potere al-Shabaab potrebbe ulteriormente guadagnare terreno, approfittando del clima di frustrazione e di ribellione nella già frammentata comunità islamica mozambicana ed attirando, forse, le attenzioni di reti più strutturate come al-Qaeda e lo Stato Islamico. D’altro canto, l’implementazione di politiche esclusivamente repressive (presidio delle forze di sicurezza e pattugliamento costante dei militari a Cabo Delgado) potrebbe portare alla radicalizzazione di altri individui e dunque rivelarsi controproducente nel lungo periodo.